Il laboratorio teatrale è uno dei pilastri dell’offerta dell’Anffas Onlus Civitanova Marche. È portato avanti da Federica Zuczkowski, che negli anni l’ha perfezionato e fatto diventare una delle punte di diamante della proposta educativa dell’associazione. Federica ha iniziato ad avvicinarsi all’Anffas nel 2004, partecipando come volontaria all’allestimento di uno spettacolo di Natale. Un’esperienza che è stata molto significativa per lei.

Federica, come ti sei avvicinata al teatro?

Sono da sempre appassionata. Da adolescente, come passatempo, ho iniziato a frequentare la scuola di recitazione di Jole Morresi, fondatrice di una delle realtà più importanti di Civitanova. Lì ho capito quanto il teatro contasse per me: il palcoscenico mi ha aiutata a crescere, ad acquisire consapevolezza della mia individualità e del rapporto che ho con gli altri. La mia formazione teatrale è continuata negli anni, prima come allieva dell’attore e regista Giorgio Felicetti, un altro grande maestro, quindi alla Scuola del Teatro Stabile delle Marche, diretta in quel periodo da Giampiero Solari”. 

Teatro medicina dell’anima…

È un sistema educativo di grandissimo valore. Il teatro andrebbe fatto il più possibile anche fuori… dal teatro stesso. Va portato in strada, dai bambini, dagli anziani, dalle persone con disabilità. Il teatro permette di lavorare sul proprio corpo, sulla voce, sull’attenzione. Aiuta a decifrare nello spazio quello che fanno gli altri, è utile a capirne i tempi. Ho sperimentato il teatro su me stessa, da adolescente in cerca di una mia identità”. 

E come si è trasformata una passione in lavoro?

Mi sono laureata in Scienze Politiche e lavoravo nel settore marketing e comunicazione. Ma l’amore per il teatro non è mai svanito. Anzi, è riaffiorato intorno ai primi anni del Duemila, quando ho iniziato ad allestire alcuni spettacoli. Stando poi a Civitanova, ho incontrato per vari motivi l’Anffas e la cooperativa il Camaleonte: con quest’ultima si è creata la possibilità di entrare in questo mondo. Mi sono rimessa allora a studiare. Per diventare educatrice, nel 2007 ho preso la seconda laurea in Scienze della Formazione, con una tesi proprio sul rapporto tra la costruzione dell’identità dell’adolescente e l’esperienza teatrale”.

Come si imposta un laboratorio di teatro con i ragazzi dell’Anffas?

È un cammino lungo, che dura tutto un anno. Ed è un percorso differenziato, perché bisogna avere cura delle differenze e delle potenzialità di ognuno. Dobbiamo aiutare ciascun ragazzo in modo che possa dare il massimo nella propria performance, intesa quest’ultima non come semplice opera attoriale ma come occasione di crescita educativa ed espressiva. Il teatro è quindi utile per la socialità e per far crescere l’empatia, imparando ad osservare e ad ascoltare gli altri. Inoltre, cosa non da meno, il teatro stimola l’espressività e la capacità di narrare storie. Non partiamo infatti mai da un copione già precompilato, ma lo creiamo insieme prendendo spunti dal nostro vissuto”.

Quanto è difficile esprimersi con il teatro?

Mi viene in mente la figura dell’equilibrista del circo. Quando lo vediamo camminare sul filo, non abbiamo la percezione che stia facendo qualcosa di faticoso. Ammiriamo solo il bello di quel suo gesto. L’equilibrista cammina con sicurezza perché c’è tanto allenamento dietro. Anche il teatro dell’Anffas è così: dietro ad un nostro spettacolo c’è l’impegno e la dedizione di tutti”.